Definizione

L’istituto della collazione viene disciplinato dall’art. 737 del codice civile.

La norma in esame stabilisce che: “I figli e i loro discendenti ed il coniuge che concorrono alla successione devono conferire ai coeredi tutto ciò che hanno ricevuto dal defunto per donazione direttamente o indirettamente, salvo che il defunto non li abbia da ciò dispensati.
La dispensa da collazione non produce effetto se non nei limiti della quota disponibile”.

Dalla lettura dell’art. 737 c.c. si evince che la collazione è l’atto con il quale determinati soggetti (figli, loro discendenti e coniuge), che hanno accettato l’eredità, conferiscono alla massa ereditaria, le liberalità, sia dirette che indirette, ricevute in via dal defunto, salvo che il defunto non li abbia da ciò dispensati.

La dispensa produce effetti solo nei lilti della quota disponibile.

L’obbligazione di conferire le liberalità rientra fra le c.d. obbligazioni restitutorie e si attua attraverso il conferimento che costituisce, un atto di adempimento.

Il valore dei beni da collazionare è quello del tempo dell’apertura della successione (artt. 747, 750 e 751 c.c.)

Presupposti

I presupposti affinchè sorga l’obbligazione collatizia sono costituiti:

  • dalla qualità di donatario del soggetto tenuto alla collazione;
  • dalla qualità di discendente o di coniuge o l’unito civilmente del de cuius del soggetto tenuto alla collazione;
  • dalla qualità di coerede, legittimario o testamentario, del soggetto tenuto alla collazione;
  • dall’esistenza di un relictum da dividere;
  • dall’assenza di una dispensa da collazione.

Fondamento

La dottrina ha particolarmente approfondito la ragione giustificatrice dell’istituto della collazione, proponendo una serie di teorie.

Tra le tante teorie sembra preferibile la teoria che, con realistico riferimento allo scopo dell’istituto in esame, parla di anticipazione di eredità.

Secondo tale teoria, pertanto, la ratio dell’istituto, risiederebbe nel fatto che le donazioni fatte ai soggetti destinati a rivestire la qualifica di eredi costituirebbero un’anticipazione dell’eredità, sicché il computo di esse, ai fini della divisione del patrimonio ereditario, andrebbe a rimuovere la disparità di trattamento che le donazioni fatte in vita dal de cuius altrimenti potrebbero determinare tra i coeredi.

Forme

La legge prevede due forme di collazione: in natura e per imputazione.

In natura

La collazione in natura avviene attraverso un vero e proprio atto di trasferimento del bene che è stato donato nella massa ereditaria da dividere.

Questa forma di collazione può avere luogo nel solo caso che i beni donati da restituire siano beni immobili e non siano stati alienati dal donatario nè ipotecati.

Anche in tale ultima ipotesi, tuttavia, il coerede-donatario ha la facoltà di scegliere la collazione per imputazione (art 746 c.c.)

Per imputazione

La collazione, può avvenire anche per imputazione, ossia calcolando il valore di quanto donato e riducendo della misura corrispondente la quota del coerede donatario.

Eccezioni

Non sono soggette all’istituto della collazione, per espressa disposizione di legge:

  • le spese per il mantenimento, l’educazione, la malattia e le nozze

Ai sensi dell’art. 742 c.c.: “Non sono soggette a collazione le spese di mantenimento e di educazione e quelle sostenute per malattia, né quelle ordinarie fatte per abbigliamento o per nozze.

Le spese per il corredo nuziale e quelle per l’istruzione artistica o professionale sono soggette a collazione solo per quanto eccedono notevolmente la misura ordinaria, tenuto conto delle condizioni economiche del defunto.

Non sono soggette a collazione le liberalità previste dal secondo comma dell’articolo 770″.

  • Donazioni di modico valore

Ai sensi dell’art. 738 c.c., non sono soggette a collazione le donazioni di modico valore fatte al coniuge.

Dispensa

La dispensa dalla collazione è espressamnete prevista dall’art. 737 c.c.. Si tratta di un negozio giuridico con il quale il donante esonera il donatario dall’obbligo di conferire ai coeredi ciò che ha ricevuto dal defunto per donazione.

Ai sensi dell’art. 737, secondo comma, c.c., la collazione non produce effetto se non nei limti della quota disponibile.

La norma vuole solo riconfermare il principio dell’intangibilità della quota di riserva.

Struttura della dispensa

Quanto alla struttura della dispensa da collazione, occorre rilevare che si tratta di un negozio a causa di morte. Non vi è alcun dubbio che la dispensa rappresenti una deroga al principio per cui il negozio a causa di morte si identifica con il negozio testamentario.

La collazione è, destinanta a produrre i suoi effetti soltanto dopo la morte del de cuius, andando ad incidere solo allora nel rispettivo assetto successorio-patrimoniale dei coeredi discendenti.

E’ un negozio mortis causa sia pure a struttura inter vivos, se contenuta in un atto inter vivos (donazione o atto posteriore).

Si tratta di un regolamento destinato a disciplinare situazioni conseguenti in modo originario e tipico alla morte di una persona, ma destinato ad operare nella sfera giuridica dei soggetti interessati prima ed indipendentemente dall’apertura della succesione.

L’istituto della collazione costituisce l’unico esempio (accanto alla dispensa dall’imputazione ex se, che è una condizione per l’esercizio dell’azione di riduzione) offerto dal nostro diritto positivo di negozio mortis causa a struttura inte vivos.

La dispensa costituisce una liberalità supplementare e può essere contenuta:

  • nella stessa donazione;
  • in un successivo testamento;
  • in un successivo atto tra vivi.

Natura giuridica della dispensa

Discusso se la dispensa da collazione costituisca una clausola accessoria al contratto di donazione ovvero un negozio autonomo ancorchè ad esso collegato:

  • nel primo caso la forma richiesta sarebbe quella della donazione;
  • nel secondo caso la forma sarebbe libera.

Istituti affini

La collazione è caratterizzata dall’attrazione, nella succesione a causa di morte, di atti di disposizione compiuti dal defunto in vita (donazioni).

Ci sono anche altri istituti che riguardano la successione dei legittimari e sono caratterizzati da una forza attrattiva, più o meno intensa, che va dal puro calcolo aritmetico senza spostamenti patrimoniali (riunione fittizia e imputazione sulla legittima) fino all’impugnativa per fare dichiarare l’inefficacia di liberalità (riduzione delle donzioni).

Riduzione delle donazioni

L’istituto della riduzione delle donazioni si distingue dall’istituto della collazione sotto vari aspetti.

  • Fondamento

La collazione mira ad assicurare tra i soggetti tenuti a conferire la parità di trattamento con altri coeredi, i quali abbiano beneficiato, durante la vita del de cuius, di donazioni disposte da quest’ultimo;

La riduzione delle donazioni, che segue alla c.d. riunione fittizia, ha lo scopo di rendere inefficaci le liberalità del de cuius che abbiano leso il diritto del legittimario, in modo da reintegrare la quota di riserva.

  • Oggetto

La collazione mira a riportare alla massa tutti i beni donati dal de cuius;

La riduzione delle donazioni ha lo scopo di reupearare quell parte dei beni donati necessari per reintegrare la quota di riserva.

  • Legittimazione

L’azione di riduzione spetta al legititmario leso nella quota di legittima contro qualunque donatario sia pure non erede del defunto;

Il diritto alla collazione è attribuito reciprocamente ai discendenti e al coniuge o all’unito civilmente contro il coerede che ha ricevuto una donazione del de cuius e non sia stato espressamente dispensato.

Riunione fittizia

L’stituto della riunione fittizia si distingue dall’istituto della collazione in quanto:

La Collazione

  • opera solo in presenza di una comunione ereditaria;
  • mira a mantenere un certo equilibrio tra le porzioni ereditarie;
  • è disciplinata da norme derogabili;
  • interessa solo le donazioni fatte ai soggetti tenuti alla collazione.

La riunione fittizia, invece:

  • opera solo in presenza di legittimari;
  • mira a determinare la quota disponibile;
  • è disciplinata da norme inderogabili;
  • interessa tutte le donazioni fatte in vita dal de cuius.

Imputazione sulla legittima

Diversa dall’imputazione, quale modo di conferimento, è l’imputazione prevista dal 2 comma dell’art. 564, detta anche imputazione ex se.

Essa costituisce un onere per il legittimario il quale se vuole agire in riduzione, deve “imputare” alla sua porzione di legittima le donazioni e i legati a lui fatti, salvo che ne sia stato espressamente dispensato.

L’affinità si riduce solo al fatto che anche l’imputazione in tema di collazione comporta un’operazione contabile e non un effettivo trasferimento del bene.

Per il resto la differnza è nettissima , salvo un riferimento all’oggetto: ogni cosa che è esente da collazione è pure esente da imputazione ex se (art. 564, quinto comma c.c.).

La collazione volontaria

La prevalente dottrina e la giurisprudenza della Corte di Cassazione considerano derogabile il regime della collazione, nel senso che il donante può imporre la collazione fuori dei limiti oggettivi e soggettivi espressamnete previsti dalla legge, vale a dire tra soggetti diversi dai propri discendenti o coniuge o l’unito civilmente ovvero per le donazioni che non devono essere conferite.

L’ammissibilità della collazione volontaria si basa sl carattere dispositivo delle norme che disciplinano l’istituto della collazione e sulla correlativa mancanza di un divieto giuridico.

Sul punto si segnala una pronuncia della Cassazione, 3 gennaio, 1997 n. 1 che ha statuito che: “se il fondamento della collazione sta nella presunta volontà del testatore, ne consegue che, come questi può dispensare l’erede dall’eseguirla, così può estenderla oltre i casi previsti dalla legge, imponendola anche per quelle liberalità e spese che ai sensi dell’art. 742 c.c. non vi sarebbero normalmente soggette.

Questa norma non contiene infatti un principio inderogabile che ponga un limite alla volontà del testatore, posto che la legge gli riconosce il diritto potestativo di disporre dei suoi beni dopo la morte (art. 787 c.c.). L’imposizione della collazione anche a quelle erogazioni che normalmente ne sono esenti costituisce infatti uno strumento attraverso il quale il testatore può incidere sulla misura delle attribuzioni patrimoniali“.