Per trattare il tema della prelazione agraria, appare in primo luogo fondamentale chiarire il significato del termine “prelazione”. La prelazione è il diritto di un soggetto, a parità di condizioni, ad essere preferito ad un altro nella stipulazione di un negozio giuridico — come una compravendita (in primis), ma anche un contratto di enfiteusi — in forza di una disposizione normativa (la cosiddetta prelazione legale) oppure in forza di un patto contrattuale (prelazione convenzionale).

La definizione

La prelazione agraria è un particolare tipo di prelazione legale che trova la sua disciplina principalmente nell’art. 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590 e nell’art. 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817. Le due disposizioni regolano due distinti casi: da un lato, il diritto di prelazione spettante al coltivatore diretto conduttore del fondo in affitto; dall’altro, il diritto di prelazione riconosciuto al coltivatore diretto proprietario del fondo confinante. Entrambe le figure sono accomunate dallo scopo sotteso alla normativa: favorire l’acquisto della terra da parte di chi la coltiva direttamente, al fine di promuovere una più efficiente utilizzazione dei terreni agricoli e di salvaguardare la continuità dell’attività agricola familiare.

Prelazione agraria: i destinatari

Tradizionalmente, il diritto di prelazione agraria spetta al coltivatore diretto. La legge individua due situazioni in cui il diritto si manifesta:

  • Affittuario coltivatore diretto del fondo oggetto di vendita, come previsto dall’art. 8 della legge n. 590/1965;
  • Coltivatore diretto proprietario del fondo confinante, come previsto dall’art. 7 della legge n. 817/1971.

Va precisato che il diritto di prelazione spettante al confinante sorge solo qualora non esistano affittuari coltivatori diretti del fondo medesimo. In presenza di un affittuario coltivatore diretto, infatti, il diritto del confinante viene pretermesso. Inoltre, è importante osservare che la contiguità tra fondi non è esclusivamente fisica ma anche funzionale, secondo quanto affermato dalla giurisprudenza. La coltivazione deve essere continuativa e in concreto diretta dal soggetto avente diritto.

Successivamente, il legislatore ha ampliato il novero dei soggetti legittimati alla prelazione. La riforma dell’impresa agricola ha infatti previsto che anche le società agricole di persone — ossia le società semplici, le S.n.c. e le S.a.s. — possano esercitare la prelazione, purché almeno la metà dei soci siano coltivatori diretti, ai sensi del d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99, modificato dal d.lgs. 27 maggio 2005, n. 101.

Con la legge 28 luglio 2016, n. 154, il legislatore ha ulteriormente esteso il diritto di prelazione agraria agli imprenditori agricoli professionali (IAP) iscritti nella gestione previdenziale agricola dell’INPS, purché siano proprietari del fondo confinante. In tale ipotesi, la titolarità dell’affitto non rileva: il soggetto, per poter esercitare il diritto, deve necessariamente essere proprietario del fondo adiacente.

I Requisiti

L’art. 8 della legge n. 590/1965 stabilisce che oggetto della prelazione agraria è il fondo rustico, termine che la giurisprudenza e la dottrina tendono a far coincidere con il fondo agricolo. Si tratta, dunque, di un terreno con destinazione agricola, destinato a coltivazione, allevamento o silvicoltura, eventualmente corredato da fabbricati rurali funzionali alla conduzione dell’attività agricola stessa. È tuttavia necessario che tali immobili siano effettivamente funzionali al fondo. In caso contrario, la presenza di un fabbricato prevalente esclude l’esercizio della prelazione agraria.

Affinché il diritto possa essere validamente esercitato, è necessario il rispetto di precisi requisiti soggettivi e oggettivi:

  • Destinazione agricola del fondo: il terreno oggetto della vendita deve avere effettivamente una destinazione agricola, risultante dagli strumenti urbanistici o dalle modalità di utilizzo. La semplice classificazione catastale non è sufficiente, ma deve rispecchiare l’uso effettivo del bene.
  • Coltivazione diretta e abituale da almeno due anni: chi intende esercitare il diritto deve dimostrare di coltivare direttamente e abitualmente il fondo in affitto (se affittuario) o il fondo confinante (se proprietario) da almeno due anni, senza soluzione di continuità, e non deve aver alienato altri fondi rustici di valore imponibile superiore a lire mille (oggi simbolicamente interpretato) nel biennio precedente.
  • Possesso della qualifica di coltivatore diretto o IAP: il beneficiario deve rivestire la qualifica di coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale (IAP), risultante dall’iscrizione presso gli appositi registri previdenziali INPS. Per le società agricole, la qualifica è riferita ai soci, in misura di almeno la metà.
  • Superficie non superiore al triplo della capacità lavorativa: il terreno che si intende acquistare, sommato a quelli già in possesso del prelazionario (in proprietà o in enfiteusi), non deve eccedere il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa della sua famiglia.

I casi di esclusione

La legge stabilisce in maniera tassativa alcuni casi in cui il diritto di prelazione agraria non può essere esercitato, o si considera decaduto. In particolare:

  • Contratto di affitto non rinnovato o cessato: l’affittuario non può esercitare la prelazione se ha comunicato la volontà di non rinnovare il contratto, oppure se l’affitto è cessato per recesso, scadenza o grave inadempimento (come l’omessa coltivazione).
  • Vendita di fondo non agricolo: non si può esercitare la prelazione se il fondo ha una destinazione edilizia, anche solo in forza di un piano regolatore adottato ma non approvato definitivamente.
  • Vendita per atto diverso dalla compravendita: la prelazione non si applica nei casi di permuta, vendita forzata (esecuzione, fallimento), liquidazione coatta, donazione o esproprio per pubblica utilità.

Lo scopo della prelazione agraria

La prelazione agraria ha una chiara finalità pubblicistica. Lo scopo della disciplina non è solo quello di tutelare il diritto individuale del coltivatore, ma anche — e soprattutto — quello di preservare il tessuto produttivo agricolo nazionale. Si vuole incentivare la permanenza sul fondo di chi già lo coltiva, garantire la continuità dell’attività agricola e contrastare l’abbandono dei terreni coltivabili. In tal modo si rafforza il legame tra coltivatore e terra, favorendo la formazione di un’impresa agricola più stabile e strutturata, spesso a conduzione familiare, e si agevola la crescita di soggetti professionalmente dedicati alla produzione primaria, garantendo un uso razionale del suolo.

La procedura

L’esercizio del diritto di prelazione agraria segue una procedura articolata e scandita da termini perentori. Essa si compone di tre fasi principali: la notifica della proposta di vendita, la dichiarazione di volontà di esercitare il diritto e il versamento del prezzo. Ognuna di queste fasi ha requisiti formali ben precisi, la cui inosservanza comporta l’inefficacia dell’esercizio del diritto o, viceversa, il sorgere di un diritto di riscatto a favore del coltivatore leso.

La notifica

Il primo passo spetta al proprietario del fondo, il quale, prima di concludere il contratto di vendita con un terzo acquirente, è obbligato a notificare all’avente diritto alla prelazione la proposta di alienazione. Tale notifica deve contenere: l’indicazione dell’acquirente, il prezzo pattuito e le condizioni essenziali del contratto. La comunicazione deve avvenire a mezzo di raccomandata A/R o tramite ufficiale giudiziario.

La notifica ha lo scopo di consentire al coltivatore diretto (o altro soggetto legittimato) di valutare l’esercizio del diritto di prelazione alle medesime condizioni. Il termine di trenta giorni decorre dal momento in cui l’avente diritto riceve la comunicazione. In difetto di notifica, il contratto di vendita resta valido tra le parti, ma è suscettibile di riscatto.

L’esercizio

Una volta ricevuta la notifica, l’avente diritto ha trenta giorni per dichiarare la propria intenzione di esercitare la prelazione. La manifestazione deve avvenire per iscritto e dev’essere espressa in modo chiaro, diretto e inequivoco. Non sono ammesse forme tacite o implicite. La dichiarazione vincola il coltivatore, che da quel momento si obbliga ad acquistare alle stesse condizioni comunicate nella notifica.

Successivamente, il pagamento del prezzo deve avvenire entro sei mesi nel caso dell’affittuario coltivatore diretto (termine esteso dal D.L. 34/2020, art. 224, comma 4) o tre mesi nel caso del proprietario confinante. Il termine decorre non dalla manifestazione di volontà, ma dal trentesimo giorno dalla notifica (in pratica, si somma ai 30 giorni già trascorsi). La decadenza è automatica in caso di mancato pagamento nei termini.

In alcuni casi, la legge prevede la sospensione del termine per il pagamento: ciò accade quando il prelazionario dimostra di aver fatto richiesta di mutuo per finanziare l’acquisto. Il termine è sospeso fino alla conclusione della procedura di concessione, per un periodo massimo di un anno.

La rinuncia ed il riscatto (retratto)

Il titolare del diritto di prelazione può anche rinunciare all’esercizio dello stesso. Tale rinuncia, tuttavia, deve essere espressa, scritta e inequivoca. La giurisprudenza esclude la validità di dichiarazioni verbali, telefoniche o implicite (Cass. 3313/1996). Per gli affittuari, la rinuncia deve avvenire alla presenza e con l’assistenza dell’associazione di categoria a cui appartengono, come richiesto dall’art. 23 della legge n. 11/1971.

Riscatto

Nel caso in cui il venditore non abbia provveduto alla notifica o l’abbia effettuata in modo viziato (es. indicando un prezzo inferiore), il titolare del diritto può esercitare il diritto di riscatto, anche noto come “retratto agrario”. Il riscatto si esercita con una comunicazione che deve pervenire entro un anno dalla trascrizione dell’atto di compravendita. In mancanza, il diritto si estingue.

Il riscatto ha effetto retroattivo, con subentro del retraente nella posizione giuridica dell’acquirente fin dalla data della trascrizione dell’atto. Il coltivatore deve corrispondere lo stesso prezzo pagato dall’acquirente originario. Se quest’ultimo si oppone, sarà necessario proporre un’azione giudiziale. In caso di esito favorevole, il giudice ordinerà il trasferimento del fondo al retrattante.

Conclusione

La prelazione agraria rappresenta uno degli strumenti più significativi per la tutela dell’agricoltura e per il rafforzamento delle imprese agricole a carattere familiare. Attraverso di essa, il legislatore intende promuovere l’accesso alla terra da parte di chi la coltiva abitualmente, contribuendo così alla valorizzazione del patrimonio rurale, alla stabilità del reddito agricolo e alla salvaguardia dell’ambiente. La sua efficacia dipende, tuttavia, dalla corretta applicazione dei requisiti soggettivi e oggettivi, nonché dal rispetto rigoroso della procedura prevista. È pertanto essenziale che sia venditori che potenziali beneficiari del diritto di prelazione conoscano in maniera approfondita i meccanismi, le forme e i termini entro cui tale diritto può essere esercitato o tutelato in via giudiziale.